Recensione: “LE PERGAMENE DI ANKOR” di Diego Collaveri





Genere: Fantasy
Editore: Sogno Edizioni
Pagine: 236
Prezzo: € 4,50
Uscita: 14 Dicembre 2012











Sinossi:
Nell’era della dittatura del feroce Xalatron l’ultima speranza dei ribelli è l’avvento di un leggendario guerriero, profetizzato dalle pergamene ritrovate sul sacro monte Ankor. Per annientarne questo credo, il tiranno invia la figliastra Maril, un’orfana che ha cresciuto nel sangue per farne un invincibile combattente senz’anima, conosciuta come la morte dagli occhi di ghiaccio. Dovrà raggiungere in incognito lo sperduto monastero di Tinien, fonte del culto, per scoprirne i segreti e distruggerlo. Nel viaggio però la ragazza incontrerà qualcuno capace di incrinare la gelida crudeltà che l’avvolge, fino a far riaffiorare il suo vero io; ma è davvero il compiersi della misteriosa profezia o un oscuro piano ordito dalla nera mano dello spietato patrigno?



RECENSIONE A CURA DI FABRIZIO MELODIA:

Ascolta, o destino, il giogo immortale dei giorni che videro l’avvento sulle terre di un’oscura tirannide a piegare il mondo al soldo di un nero sovrano. Sol sul limitar della speranza umana, resa fumo sottile da antico ricordo vivo, forte e sicuro torna a solcar la terra un guerriero di luce, ultima difesa dei popoli oppressi. Nei giovani occhi che sopravvisser alla ferocia or chiamato ad arrestare, che lo rese orfano della stirpe natia, l’antico dolor della morte a covar le offese subite dall’animo puro piagato da ciò che crudeltà riuscì a render di volontà schiavo. Sol quella mano saprà impugnare il potere arcano degli Dei, caduto sulla terra nell’Era che vide perir le immortali genti. Lungo la luna di sangue, spirito guerriero, troverai la via del fato che ti condurrà al destino un dì profetizzato, dove presto sarai di nuovo chiamato a sceglier tra luce e oscurità, per scriver le sorti di un’era, resa buia dallo svanir della speranza”, (Incipit de “Le pergamente di Ankor”).

Nell’era della dittatura del feroce Xalatron, l’ultima speranza dei ribelli è l’avvento di un leggendario guerriero, profetizzato dalle pergamene ritrovate sul sacro monte Ankor. Per annientarne questo credo, il tiranno invia la figliastra Maril, un’orfana che ha cresciuto nel sangue per farne un invincibile combattente senz’anima, conosciuta come “la morte dagli occhi di ghiaccio”. Dovrà raggiungere in incognito lo sperduto monastero di Tinien, fonte del culto, per scoprirne i segreti e distruggerlo. Nel viaggio però la ragazza incontrerà qualcuno capace di incrinare la gelida crudeltà che l’avvolge, fino a far riaffiorare il suo vero io; ma è davvero il compiersi della misteriosa profezia o un oscuro piano ordito dalla nera mano dello spietato patrigno?
La trama non rende appieno la grande varietà di personaggi, ambienti e situazioni in cui Diego Collaveri riesce a catturare la mente del lettore e a catapultarlo nel suo mondo di tenebre e battaglie.
Sicuramente la lezione di Tolkien si nota nel sapiente uso calibrato delle battaglie, in cui il tono epico e la tensione sono al massimo grado: sembra di leggere un poema cavalleresco di altri tempi e questo già da sè vale la lettura del libro.
Verissimo, anche qui abbiamo molti elementi triti e ritriti, soprattutto nella figura del Salvatore, che riporta la luce in un mondo decaduto.
È il tema della caduta che connota da sempre il genere, dal “Paradiso perduto” di John Milton fino appunto alla prosa opulenta e mitopoeitica di J.R.R. Tolkien, che mai fece mistero delle sue fonti d'ispirazioni.
Solo che qui non c'è fuga dalla realtà, non c'è rifiuto del progresso né tantomeno un nostalgico rimpianto per i tempi primigeni alla guerra.
Qui assistiamo alla crescita e alla metafora della vita, durissima, sanguinaria ma che tutti siamo chiamati ad affrontare a muso duro, muniti a volte solo della nostra fragile coscienza.
La protagonista Maril, figura femminile di tutto rispetto, dapprima compare nel pieno fragore della battaglia come un'assassina spietata e letale, per poi subire una profonda crescita interiore.
Questo è un elemento di profonda diversità con Tolkien, in cui le figure femminili sono troppo spesso relegate a rango di comparse. Già avevamo avuto il pregevolissimo esempio della brava Licia Troisi con i suoi forti e volitivi personaggi femminili, come non ricordare Nihal della Valle del Vento, a cui Maril può essere meritatamente accostata?
Combattimenti, colpi di scena, speranze e morte, tutto concorre a creare una tensione narrativa che tiene avvinti fino alla fine. I personaggi e gli ambienti non sono semplici macchie ma vere e proprie strutture portanti, che contribuiscono ad evocare concretamente un altro mondo.
Ottime anche le illustrazioni di Emiliano Billai e la copertina di Max Rambaldi, semplicemente deliziosa.
L'unico neo è costituito dal fatto di essere il primo capitolo di una serie. Speriamo esca presto il seguito e che mantenga tutte le promesse di questo primo elettrizzante capitolo.








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