Romantic Xmas: "TUTTO CIÒ CHE DESIDERANO" di Tiffany Reisz.


Secondo appuntamento con il Natale di  Insaziabili Letture!
La rubrica "Romantic Xmas" ospita oggi  una delle più grandi autrici di romance erotico a livello internazionale: con una novella tratta da Original Sinners, TIFFANY REISZ! 
Non lasciatevi sfuggire il tenero, appassionato e incredibilmente caldo Natale di Griffin e Michael nella prima parte di "Tutto ciò che desiderano".





Tutto ciò che desiderano


Un racconto di Original Sinners di Tiffany Reisz


Traduzione di Luce Loi, Tamara Fantinato e Cristina St

con la revisione di Christiana V





Capitolo 1  

di Luce Loi


Il cambiamento


Quattro giorni prima di Natale, Michael si accorse di avere un grosso problema – un problema che non sapeva come risolvere. Non poteva parlarne con Griffin. Sapeva già cosa avrebbe detto Griffin: «Va tutto bene, Mick. Non ti agitare.»
 Beh, per lui era facile parlare così. Michael si agitava. Era nato per agitarsi. Il suo secondo nome era Stress. Si preoccupava. Si stressava. E perciò decise di chiamare l'unica persona che sapeva si sarebbe fatta in quattro per aiutarlo.
«Nora?» disse appena lei  rispose al telefono. «Sono nei guai.»
«Sei incinto?» gli chiese. «Avrei dovuto immaginarlo. Hai bisogno che ti prenda l'appuntamento dal dottore?»
«Nora, non sto scherzando.»
«Che succede, Angelo di neve?»
«Devo incontrare l'intera famiglia di Griffin fra due giorni.»
«Davvero? Ho conosciuto suo padre. È un po' burbero, ma in realtà è un orsacchiotto. Porta gli stivali da barca, e lo fa sul serio, ma è un brav'uomo. Qual è il problema?»
«Pensaci. Pensa a me che incontro loro. Insieme a Griffin. Ora lo vedi il problema?»
Nora fece una pausa prima di rispondere. «D'accordo, potresti avere ragione.»
«Puoi aiutarmi?» chiese Michael.
«Potrebbe richiedere delle misure drastiche.» La voce di Nora suonava circospetta.
«Sono pronto a fare quasi ogni cosa» disse Michael.
«Faccio un colpo di telefono e sistemo tutto. Ti fidi di me, vero?»
«Completamente» lui sospirò di sollievo, grato di avere il suo aiuto.
«Perché tu lo sappia,» lo avvertì lei «probabilmente finirai per pentirtene.»

Alle 3:38 del pomeriggio del giorno seguente, Michael se ne pentì.
«Hai detto che ti fidavi di me.» Nora era ferma accanto allo specchio a braccia conserte. Un'altra donna, di cui non ricordava il nome a causa del nervosismo, stava alle sue spalle.
«L'ho detto» disse Michael. «Ma ho cambiato idea.»
«Non devi farlo» disse Nora, sorridendo all'altra donna. «Ma funzionerà. Te lo prometto.»
Michael inspirò profondamente. Lo faccio per Griffin. Lo faccio per Griffin.  Lo faccio per Griffin. La cantilena gli calmò il cuore in subbuglio.
«Che ne pensi?» chiese la donna alle sue spalle. «Adesso mi sembrano trentatré centimetri. Che ne dici di quindici?»
«No. Dieci» esclamò Nora. «Dieci centimetri è perfetto.»
«E Søren? La sua lunghezza?» chiese la donna.
«Quasi otto centimetri» disse Nora.
«Otto? Chissà perché pensavo che fosse di più.»
«King è intorno ai ventitré.»
«Oh, ora ricordo. Anche se erano di meno quando avevo a che fare con lui.»
«E cosa mi dici di Griffin, Angelo?» chiese Nora.
«Credo sia sui dieci centimetri, così sembra quando è dritto» disse Michael.
«Sei tu l'esperta, Charlie.» Nora diede alla donna un paio di forbici d'argento. «Decidi tu. Sei pronto, Mick?»
Charlie - ecco qual era il suo nome. La bella donna dai capelli rossi batté le mani, avida.
«Okay.» Michael aprì gli occhi e annuì. «Taglia via tutto.»
«Non preoccuparti, Michael» disse Charlie. «Se non dovesse piacerti, ricrescerà. È su questo che si fonda il mio lavoro.»
Annodò i lunghi capelli di Michael in una bassa coda di cavallo.
«Pronto?» gli chiese.
«Fallo» esclamò Michael. «Prima che cambi idea.»
Con tre rapidi colpi di forbici, Charlie tagliò via la sua coda. Allungò i venti centimetri di capelli a Nora, che li raccolse, li guardò e poi li mise da parte in un sacchetto.
«Puoi regalarli a Griffin per Natale» disse Nora, sigillando la busta. «Una prova del tuo amore per lui lunga venti centimetri.»
Michael sospirò. Avrebbe preferito una prova di venti centimetri dell'amore di Griffin.
Charlie lavorò con i suoi capelli per circa un'ora, tagliando, aggiustando, pettinando, sfoltendo, dando forma, modellando. Quando il lavoro finì ebbe difficoltà a riconoscersi nello specchio.
«Cavolo. Sono davvero io?»
«Sei tu fra cinque anni» asserì Nora. «I capelli lunghi su un ragazzo dicono due cose: o che è giovane, oppure che cerca di sembrarlo.»
«Ho provato a dirlo a King» esclamò Charlie, facendo una smorfia mentre spazzolava via i capelli dalla nuca di  Michael. Lui si sentiva nudo. I capelli lunghi che portava fin da quando aveva tredici anni erano scomparsi. Ora sembrava uno di quelli che pubblicizzavano l'acqua di colonia sui giornali — ordinati, sistemati e tutto il resto. Era diventato uno con i capelli corti.
«Kingsley potrà togliersi i capelli lunghi a quarant'anni» disse Nora. «Ma solo Kingsley. Nessun altro.»
«Cavolo» ripeté Michael, che stava ancora cercando di abituarsi al nuovo taglio.
«Va bene» disse Nora dando i soldi a Charlie, che rifiutò, agitando le mani. «Stai benissimo. Ora portiamo la tua testa a fare un test.»
«Un test?»
Nora gli afferrò una mano e lo condusse nella sala d'attesa del salone di bellezza.
«Signore» esclamò Nora, rivolgendosi alle donne sedute. «Ho un biglietto da cento dollari nuovo di zecca che darò alla persona che indovinerà l'età esatta di mio nipote.»
«Nipote?» sussurrò Michael.
«Ti ho scopato» gli rimandò lei. «Non posso far finta che tu sia mio figlio. Sarebbe volgare.»
Le donne guardarono Nora, incredule. Nora tirò fuori il bigliettone da cento.
«Ventuno» esclamò una delle donne.
«Ventidue» disse un'altra.
«Diciannove?» ipotizzò la receptionist. «Sembra più grande, ma credo che sia una domanda trabocchetto.»
«Ne ha ventidue.» Nora diede alla donna che aveva indovinato il biglietto da cento dollari. Mano nella mano, Michael e Nora lasciarono il salone di bellezza e uscirono in strada.
«Perché le hai dato i soldi? Io ho diciassette anni» le ricordò Michael.
«Non adesso. Ora tu hai ventidue anni e sei all'ultimo anno dello Yorke College, non sei più una matricola. Volevi sembrare più grande prima di incontrare la famiglia di Griffin, giusto?»
«Sì.»
«Ora sei più grande. Oh, un'altra cosa. Indossi le lenti a contatto, vero?»
«Sì,» rispose Michael.
Lei lo spinse oltre le porte di un negozio di ottica LensCrafters.
«Da questo momento non più.»

Michael camminava avanti e indietro nell'appartamento, mentre aspettava che Griffin tornasse da fare la spesa. Una parrucca non sarebbe stata così male, vero? Facevano delle parrucche davvero carine, giusto? E poi i suoi capelli sarebbero ricresciuti. E se Griffin avesse odiato gli occhiali, allora sarebbe tornato alle lenti a contatto. Il taglio di capelli e gli occhiali servivano solo per farlo sembrare più grande e impedire che la famiglia di Griffin potesse temere che lui - trentenne fra due settimane - uscisse con un teenager. Non c'era nulla di definitivo, nulla che non potesse essere sistemato. Se Griffin li avesse odiati...
Al suono della chiave che girava nella serratura, Michael si congelò davanti all'ingresso. Nora se n'era andata dopo averlo aiutato a indossare un abbigliamento che lo facesse apparire più adulto. Michael non era sicuro di come si sentisse con quei vestiti. Nora l'aveva definito uno stile anticonformista da hipster, ma questo non aveva fatto altro che aumentare l'illusione che lui fosse un ventiduenne studente di arte, bevitore di caffè e collezionista di dischi in vinile, invece che un diciassettenne neo-gotico che ancora girava con lo skateboard in Central Park ogni volta che poteva.
Si aggiustò la maglia sopra lo stomaco, controllando che i risvolti dei suoi jeans cadessero nella giusta maniera sui suoi stivali opportunamente invecchiati, e raddrizzò gli occhiali da nerd. Griffin entrò dalla porta con due borse in ogni mano. Griffin sembrava ancora Griffin, grazie a Dio. Gli stessi capelli scuri dal taglio sexy, il solito sorriso eccitante, gli medesimi vestiti che nascondevano il solito corpo muscoloso accanto al quale Michael amava dormire ogni notte.
«Ehi, puoi aiutarmi a portare -» Griffin iniziò a parlare, ma si bloccò appena vide Michael. Le quattro borse piombarono al suolo in contemporanea.
«Non spaventarti» gli disse Michael, guardandolo. «Lo so che avrei dovuto chiederti il permesso prima di tagliarmi i capelli, ma temevo che tu non volessi, e Nora dice che è il modo migliore per sembrare più adulto. E io non voglio che la tua famiglia perda la testa quando li incontreremo, perciò lei mi ha sistemato capelli, gli occhiali e i vestiti. Nora dice che ora sembro un ventiduenne, così la tua famiglia potrà rifiutarmi perché siamo due 'sodomiti senza Dio', ma non perché sono troppo giovane. Ma io temo di sembrare James Franco combinato così. Ti prego, dimmi che non gli assomiglio. E se invece è così, scusami...»
«Non sembri affatto James Franco.»
«Oh,» esclamò Michael, annuendo. «Perfetto. Come posso...»
Prima che Michael potesse dire un'altra sola parola, la bocca di Griffin era sulla sua, la mano sulla nuca di Michael, e lui si ritrovò letteralmente trascinato in camera da letto.
Trenta minuti dopo, i vestiti hipster e gli occhiali dalla montatura nera e rettangolare erano abbandonati sul pavimento e il perfetto taglio di capelli era passato dallo scompigliato ordinato allo scompigliato da sesso. Michael giaceva nel letto appoggiato sullo stomaco, braccia e gambe dall'altro lato. Aveva la schiena in fiamme, il pene ancora pulsante per l'orgasmo che aveva appena provato, ed era abbastanza convinto che non sarebbe riuscito ad andare da nessuna parte nell'ora successiva. Con la coda dell'occhio vide Griffin, altrettanto nudo, dirigersi verso il bagno.
Michael stese languidamente un braccio verso il mucchio spiegazzato dei suoi jeans. Tirò fuori il telefono dalla tasca e mandò un messaggio a Nora.
Buone notizie: a Griffin piace il taglio di capelli.



CONTINUA...





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Capitolo 2  

di Tamara Fantinato


Presentazioni


Il giorno dopo Michael aiutò Griffin a caricare i regali nella Range Rover. Una Range Rover. Ancora non ci credeva che Griffin avesse comprato una macchina nuova appositamente per il viaggio di Natale.
«Cosa c’è?» esclamò Griffin. «Hai mai provato a far entrare nel bagagliaio di una Porsche i regali per quattordici persone?»
«Sai che ti amo, Padrone» disse Michael. «Ma sei l’esempio in carne e ossa di First World Problems.»
«Non riesco a credere che tu mi abbia dato dell’hashtag.»
«Mi punirai per questo?» chiede Michael, già smanioso per un’altra puntata dello show Mostra-A-Michael-Quanto-È-Piaciuto-A-Griffin-Il-Suo-Taglio-Di-Capelli-Usando-Un-Uccello-E-Un-Fustigatore. Ma Griffin era troppo indaffarato in quel momento.
«Non adesso. Ti punirò allo chalet. Fidati, vale la pena aspettare. Il sadismo davanti al caminetto è fottutamente romantico.»
Michael rise, ma era una risata nervosa e insicura. Griffin doveva aver percepito la tensione nella voce di Michael, perché chiuse con forza il bagagliaio della Range Rover, afferrò Michael per il bavero del cappotto e lo spinse contro l’auto.
«La mia famiglia è davvero entusiasta di conoscerti.» Griffin lo baciò sulle labbra, un bacio deciso e profondo.
«Davvero?» domandò Michael quasi pigolando mentre Griffin abbassava il colletto del cappotto e gli mordicchiava il collo.
«Davvero.» Griffin indietreggiò e gli sorrise. «È giunta l'ora che tu conosca i Fiske. Sei elettrizzato?»
«Assolutamente. Proprio come quando mi estrassero il dente del giudizio.»
«La mia famiglia sarà molto più carina con le tue gengive. Ma devo chiederti di fare una cosa quando li incontrerai, e non ti piacerà.»
«Cosa, Padrone?»
Griffin sospirò.
«Dovrai lasciar perdere il “Padrone”. Non voglio dover rispondere a domande tipo “Zio Griffin, perché il tuo ragazzo ti chiama Padrone? dei miei nipoti. O cugini. O fratelli. In realtà di nessuno.»
«Va bene. Quindi questa settimana sei il mio ragazzo?»
«Questa settimana sono solo il tuo ragazzo. Tranne quando siamo soli.»
«E in quei momenti che cosa sei?» chiese Michael.
Griffin gli cinse il collo con le mani. Indossava dei guanti e il tocco della morbida pelle lo fece ansimare.
«Il tuo master, il tuo proprietario, il tuo dominatore, il tuo amante, il tuo ‘Padrone’, e qualsiasi cosa voglia essere, che ti piaccia o meno.»
Griffin gli premette il pollice sull’incavo della gola.
«Mi piace» disse Michael, ansimante.
«Bene» rispose Griffin. «Ora entra in auto prima che mi approfitti di te nella Range Rover, facendoci ritardare per pranzo.»
«Sì, Padrone» rispose.
Griffin inarcò un sopracciglio.
«Sì, amore.»
Griffin fece un cenno con la testa.
«Meglio. Ora sali» ordinò Griffin. "È ora di rendere questo Natale gay.»
«Gay nel senso di gaio?»
«Gay nel senso di: ho intenzione di scoparti il culo in uno chalet di montagna.»
«Mi sembra appropriato.»
Il tragitto dalla tenuta di Griffin nell’interno dello stato di New York allo chalet di montagna dei suoi genitori nel Vermont durò solo un paio d’ore, ma sembrò trascorrere più velocemente perché lui e Griffin non smisero mai di parlare. Griffin aveva una famiglia molto numerosa - tre fratelli dal primo matrimonio del padre, le rispettive mogli e/o figli, la madre, il padre, i cugini… quando si fermarono davanti allo chalet, Michael aveva il cervello quasi fuso per tutti quei nomi e pettegolezzi di famiglia.
Griffin parcheggiò l’auto e scese. Michael indugiò un attimo. Avevano trascorso il Ringraziamento a casa di sua madre, che all’inizio l’aveva terrorizzato. Erin, sua sorella maggiore, adorava Griffin e pensava fosse terribilmente figo che Michael avesse accalappiato un ragazzo ricco e bellissimo. E a sua madre piaceva davvero Griffin e sicuramente aveva fatto del suo meglio per comportarsi come se il loro rapporto le andasse bene. Ma dopo cena, Griffin aveva ovviamente presunto che lui e Michael avrebbero dormito insieme. Quindi fu piuttosto imbarazzante quando sua madre accennò che Michael avrebbe dormito sul divano così Griffin avrebbe potuto avere la sua camera.
Ma Griffin aveva preso in mano le redini della situazione.
«Venga qui, bellissima» aveva detto alla madre di Michael. La donna era arrossita come al solito quando Griffin giocava a flirtare con lei. Dopo aver incrociato le braccia, Griffin  l’aveva guardata sorridendo. «Ricorda la nostra chiacchierata da ‘mamma in gamba’? Mick e io stiamo insieme. Farci dormire in camere separate non cambierà questa situazione. Se per motivi religiosi non le va che dormiamo insieme sotto il suo tetto, va bene. Ce ne andremo. Ma se vuole che restiamo, resteremo insieme. Decida lei.»
Stettero insieme in camera sua a casa di sua madre… per tutta la notte.
Ora toccava a Michael essere ospite a casa della famiglia di Griffin. Non conosceva nessuno dei parenti di Griffin. Sembrava che i suoi fratelli fossero tutti maniaci del lavoro. Come il padre. Griffin e la madre erano affiatati, ma negli ultimi due mesi lei aveva viaggiato parecchio. Quindi non solo era il suo primo Natale con Griffin, ma era anche la prima volta che incontrava la famiglia Fiske al completo.
Abbassò lo sguardo sulle Clarks in camoscio verde. Eccolo qui, il suo primo incontro con la famiglia di Griffin ed era vestito come James Franco.
«Che Dio mi aiuti» supplicò, e scese dall’auto.
Griffin passò a Michael la sua sacca da viaggio e, carichi di valige e regali, si incamminarono con cautela lungo il vialetto innevato fino alla porta di casa. Michael pensò che se fosse rimasto zitto e quasi immobile dietro a Griffin, nessuno l’avrebbe notato. Grande famiglia, un sacco di parenti e bambini che correvano in giro... forse avrebbe potuto volare a bassa quota, eludendo il radar.
Arrivato davanti alla porta, Griffin non bussò, la spalancò, si fermò nell’atrio del maestoso chalet di montagna e urlò, «Siamo arrivati!»
Decisamente troppo per poter eludere il radar.
Michael si fece piccolo quando quello che sembrava un migliaio di persone si riversò fuori dalle stanze lungo il corridoio per accoglierli. Un bellissima donna con un'intensa abbronzatura, considerata la stagione, e che non sembrava avere più di quarant’anni, si affrettò verso di loro.
Griffin ebbe a malapena il tempo di posare tutto per terra prima che gli gettasse le braccia al collo.
«Ciao, mamma» esclamò, abbracciandola stretta. «Buon Natale.»
«Buon Natale, Piccolo» rispose lei. Michael trattenne un sorriso. Piccolo. Favoloso.
«Mamma» disse Griffin, «voglio presentarti una persona.»
Michael si irrigidì e desiderò di essere invisibile.
«Questo è … era Michael. Mick?»
Con riluttanza, per non dire molta riluttanza, Michael sbucò da dietro Griffin.
Quando lo vide, la madre di Griffin spalancò per un attimo gli occhi. Ma prima che Michael potesse dire qualcosa, fu travolto da strette di mano e abbracci. Aidan, il fratello maggiore di Griffin, gli diede un festoso “Benvenuto in famiglia” con una pacca sulla schiena. Una cognata squittì e lo baciò sulla guancia. Un cugino gli fece i complimenti per le scarpe. Dopo quindici minuti, Michael aveva il viso dolente a furia di sorrisi forzati.
«È uno schianto, Griff» esclamò Lily, la cognata più giovane di Griffin, baciando Michael sulla guancia. «Posso tenerlo?»
«Giù le mani» rispose Griffin, cingendo Michael con un braccio. «Lui è mio. Tu hai Lucas.» Griffin fece un cenno verso il fratello.
«Sì, ma Michael è più carino» lo punzecchiò e lo baciò di nuovo.
«È vero» disse Griffin. «Accompagno Michael di sopra prima che uno di voi cerchi di rubarmelo.»
«Ti mostro la tua stanza» disse sua madre, con un sorriso tirato tipo Martha Stewart stampato in viso. A Michael quel sorriso non piaceva. Aveva visto troppe volte sua madre imporsi lo stesso sorriso, per non saper riconoscere una maschera quando ne vedeva una.
«La nostra stanza» disse Griffin e Michael si fece piccolo. Una delle migliori qualità di Griffin era l’evidente atteggiamento protettivo verso la loro relazione, che, in rare occasioni, era anche una delle sue qualità più fastidiose. Quello e la recente curiosa ossessione verso Björk.
«Certo» disse sua madre. Michael seguì Griffin e la madre su per le scale. Ovunque guardasse vedeva segni di ricchezza. Caminetti incastonati nella pietra in ogni stanza. Enormi letti a baldacchino. Travi in legno al soffitto. Finestre che davano sulle cime innevate. Si sentiva come se fosse stato catapultato in un film, un film su persone davvero ricche.
La donna li condusse dinanzi a una porta a metà del corridoio e la aprì. Griffin entrò dietro di lei e lanciò la sacca sul letto.
«Allora quali sono i programmi per questo-» Griffin si accinse a chiedere, ma il rumore di una porta che veniva sbattuta troncò il resto della frase.
«Griffin Randolfe Fiske, che cavolo pensi di fare?» la madre di Griffin puntò un dito al centro del torace del figlio. Michael arretrò di un passo e si guardò intorno, cercando una via di fuga sicura.
«Mamma, calmati -»
«Non dirmi di calmarmi. Quanti anni ha questo ragazzo?» Puntò il dito verso Michael che decise di lasciar perdere la via di fuga sicura. Sarebbe semplicemente saltato fuori dalla finestra, rompendosi una caviglia e nascondendosi in un ospedale fino a Capodanno.
«Mamma, Mick frequenta il college. Yorke. Doppia specializzazione. Borsa di studio totale.»
«College?» Ripeté sua madre. «College? Non ci provare. Sono stata una modella. Avevo quattordici anni la prima volta che mi hanno messa sulla copertina di French Vogue. So quando qualcuno cerca di sembrare più vecchio. Questo ragazzo è un adolescente, il più adolescente che abbia mai visto.»
«Vado al college» disse Michael. «Non stiamo mentendo.»
«Ha parlato l’adolescente» esclamò la donna. «Matricola, eh?»
Michael non voleva rispondere, cercò di non farlo. Ma dovette.
«Sì» confessò. «In un certo senso.»
«Oh, mio Dio»  esclamò la donna, portando una mano alla fronte.
«Mamma, stai davvero esagerando.» Griffin si mise tra loro. «Devo ricordarti quanti anni avevi quando hai spostato papà? E che differenza d’età c’è tra voi?»
Sua madre fece un cenno con la mano.
«No. Non è necessario.»
«Dobbiamo andarcene?» chiese Griffin con un tono freddo e serio. Era il tono che usava in modalità Dominante intransigente. Di solito Michael si eccitava quando Griffin diventava inflessibile e dominava lui e/o altri. Adesso, però, aveva solo voglia di nascondersi da lui e dalla madre.
«Io posso andarmene» disse Michael. «Davvero. Non voglio infastidire nessuno.»
«Sei abbastanza grande per guidare?» chiese la madre di Griffin. Michael si nascose mentalmente sotto il letto.
«Mamma. Ora basta. Mick è la persona più importante della mia vita. Lo amo. Viviamo insieme.»
Solo nei weekend, avrebbe voluto aggiungere Michael, ma decise di tenere la bocca chiusa. Durante la settimana viveva al dormitorio. Probabilmente, alla madre di Griffin non interessava la logistica della loro relazione.
«I tuoi genitori ne sono al corrente?» chiese a Michael. «Sanno quanti anni ha Griffin? A loro sta bene la vostra relazione?»
«A mia madre piace, Griffin» disse Michael, imbarazzato di quanto suonasse esile e spaventata la sua voce perfino alle sue orecchie. «Quando mio padre ha chiamato checca, Griffin l’ha sbattuto contro il muro. Quindi, non credo che gli andiamo molto a genio.»
La donna spalancò gli occhi per una frazione di secondo e Michael credette di aver visto passare un lampo di solidarietà sul suo volto. Forse era solo la sua immaginazione.
La donna si ammutolì e fissò prima Griffin e poi Michael. Michael guardò oltre, fissò un punto molto interessante nel muro.
«Restate» disse lei. «Tutti e due. Tra un’ora si pranza. E per favore controllatevi. In casa ci sono dei bambini. Oltre a Michael, ovviamente.»
Girò sui tacchi e si precipitò fuori dalla stanza.
«Bene»  disse Griffin. «Ma avrebbe potuto andare meglio.»






Capitolo 3  

di Cristina St


Gradito


«Mi dispiace» disse Michael. «Sul serio. Io posso davvero andarmene. Tu rimani e passi il Natale con la tua famiglia e io …»
Michael sobbalzò quando Griffin allungò le braccia e lo afferrò alla nuca. Sussultò quando le dita di Griffin affondarono nella sua pelle. Il dolore si irradiò in tutto il corpo.
«Meglio?» chiese Griffin. Michael chiuse gli occhi e lasciò entrare il dolore con un respiro. Il battito del suo cuore rallentò quando Griffin aumentò la pressione sul suo collo.
«Va meglio.»
«Tieni gli occhi chiusi. Concentrati sul dolore» la voce di Griffin era bassa e autoritaria. «Fa male?»
«Sì, Padrone.»
«Bene. Ora ascoltami» disse Griffin. «Io e te siamo una coppia. Dove vado io, vai tu. Dove dormo io, dormi tu. Dove sto io, stai tu. Se ce ne andiamo, ce ne andiamo insieme. Se restiamo, restiamo insieme. Conosco mia madre. Ha un temperamento esplosivo. Fa il botto. Tutti sobbalzano. Finito in un millisecondo.»
«Sembrava abbastanza fuori di sé.»
«Lo so» rispose Griffin. «Ma le passerà. Capito?»
«Sì» disse Michael.
«Non sembri convinto.»
Michael colse del divertimento nella voce di Griffin.
«Non voglio stare in un posto dove non sono, come dire, gradito.»
Griffin si avvicinò e inclinò il viso di Michael. Lui aprì gli occhi e vide Griffin guardarlo dall'alto.
«Ovunque io sia, tu sei gradito.»
Griffin lo baciò con forza e profondamente. Ci volle un minuto prima che Michael potesse godersi il bacio e ricambiarlo. Fortunatamente Griffin era un tipo paziente ed era arrivato a comprendere come gestire lo stress di Michael. Ci voleva pazienza, dovevano parlare e niente baci impositivi.
«La cena è tra un’ora. Abbiamo tempo.»
«Per cosa?» chiese Michael.
Griffin si ritrasse e gli rivolse un sorrisetto. Sollevò un dito per ordinare a Michael di attendere in un silenzio sottomesso.
Chiuse a chiave la porta della stanza da letto e chiuse le tende. Le montagne dalle cime innevate scomparvero dietro il pesante velluto rosso.
Griffin rimase in piedi dietro Michael e portò le mani intorno al suo petto. Aprì i primi tre bottoni e tirò giù la camicia abbastanza da scoprire le spalle di Michael. Griffin coprì il collo e le spalle di Michael di dolci baci sensuali, che lo fecero ansimare.
«Mia madre ha ragione su una cosa, sai» disse Griffin, finendo di sbottonare la camicia di Michael. «Dovremmo davvero essere discreti.»
Lo stomaco di Michael ebbe un lieve sussulto.
«Niente botte?» chiese lui, con disappunto.
«Oh, ho intenzione di dartene» disse Griffin, sfilando la camicia a Michael. «Ho appena deciso anche di imbavagliarti. Ma prima…»
Griffin raggiunse la loro valigia e tirò fuori il collare in pelle nera di Michael. Scostò i capelli dalle spalle di Michael e gli allacciò il collare al collo. Una volta indossatolo, Michael si rilassò. Il collare gli dava conforto in modi che non sapeva spiegare e non avrebbe mai provato a farlo. Perché indossare un simbolo di schiavitù sessuale riusciva a farlo sentire così libero? Aveva chiesto a Nora la quale aveva detto che questi erano “misteri divini” come la Santa Comunione, la Nascita della Vergine, e il perché Christopher Plummer fosse ancora così sexy anche a ottant’anni. Meglio accettare queste cose, godersele, senza farsi domande.
A torso nudo e rabbrividendo dal freddo, Michael rimase ad aspettare mentre Griffin riattizzava il fuoco nel caminetto. Per la prima volta da quando era arrivato, Michael si sentì abbastanza a suo agio da interessarsi a ciò che lo circondava. Pavimenti di legno scuro coperti da morbidi tappeti, un grande camino di pietra, bei muri robusti… e i genitori di Griffin erano i proprietari di quel posto – una delle cinque case che possedevano. Pazzesco.
Griffin spense le luci così che solo il camino illuminasse la stanza. Scavò nella valigia e tirò fuori i giocattoli preferiti di Michael – barra distanziatrice, le manette di pelle, il flagellatore con le sette code taglienti che lo avevano lasciato coperto di vividi segni rossi sulla pelle…
«Per fortuna ho portato questa» disse Griffin, tirando fuori una cravatta dalla valigia. «Andrà bene come bavaglio.»
Michael affondò i denti nella cravatta di seta e questa scivolò nella sua bocca. Griffin la legò stretta alla base del suo collo.
«Lascialo cadere se vuoi fermarti» esclamò Griffin, togliendosi il suo orologio Blancpain 1735 e mettendolo nella mano di Michael. Imbavagliato com’era, Michael non sarebbe stato in grado di pronunciare la sua parola di sicurezza se ne avesse avuto bisogno. In ogni caso, indipendentemente da quanto dolore potesse sentire, non sarebbe stato in grado di lasciar cadere l’orologio da ottocentomila dollari di Griffin.
Rapidamente Griffin legò le manette di cuoio ai polsi di Michael e li assicurò alla sbarra più alta della testiera del letto. Un fiotto di adrenalina attraversò Michael quando Griffin lo denudò. Il cuore accelerò, la pressione sanguinea ebbe un'impennata, e il suo corpo si irrigidì in una tensione erotica per i colpi che stava per ricevere.
Come al solito, prima che Griffin calasse il primo colpo, lui rimase in piedi vicino a Michael e passò le mani sulla sua schiena nuda. I bottoni della camicia di Griffin pizzicarono la schiena di Michael.
«Sono innamorato di te» esordì Griffin, mentre i suoi polpastrelli graffiavano dolcemente la pelle di Michael. «Tu mi appartieni e mi apparterrai per sempre. Il tuo corpo è mio, il tuo dolore è mio, il tuo piacere è mio. Nessuno può toccarti senza il mio permesso. Nessuno ti fa del male se non lo consento. Annuisci se comprendi.»
Michael annuì.
«Bravo ragazzo.»
Il primo colpo arrivò dritto al centro della schiena di Michael. Lui sussultò e rabbrividì, ma non emise alcun suono. Al secondo colpo Michael esalò un mugolio dal fondo della gola. Il dolore crebbe sulla sua pelle e nei polmoni. Dopo quello arrivò una serie di colpi brevi e acuti che fecero gemere Michael dietro il bavaglio. Le percosse andarono avanti almeno per dieci minuti.
Griffin lasciò cadere il fustigatore ai piedi di Michael e premette il suo petto contro la schiena dolorante di
Michael.
«Ti è piaciuto?» chiese Griffin mentre faceva scorrere la mano sulla furiosa erezione di Michael.
Ancora imbavagliato, Michael non poté rispondere. Non ne aveva bisogno. Il suo corpo e il fluido che gocciolava dalla punta del suo pene risposero per lui. Griffin prese l’umore tra le dita e lo strofinò sulla punta.
«Lo prendo come un sì» disse Griffin, circondando i testicoli di Michael con l’altra mano. Quando Griffin lo accarezzò e lo palpeggiò, Michael gemette dolcemente contro il bavaglio.
«Shh…» sussurrò Griffin nell’orecchio di Michael. «Ci sono dei bambini in casa.»
Nonostante l’eccitazione estrema, Michael riuscì a ridere. Griffin si allungò dietro la sua testa e slegò il bavaglio. Tolse l’orologio dalla mano di Michael e lo slegò dalla testiera del letto.
«In ginocchio» ordinò Griffin e Michael si lasciò cadere a terra. «Prendilo tutto. Ogni singolo centimetro.»
Michael rilassò la gola per prendere tutto il cazzo di Griffin dentro di lui. Griffin prese con le mani la testa di Michael per renderla più salda e lentamente scopò la bocca di Michael. Dopo solo uno o due minuti, Griffin si ritrasse e fece rimettere in piedi Michael.
«Ho bisogno di stare dentro di te» disse Griffin con tono aspro e bramoso, spingendo Michael verso la testiera del letto.
«Sì, Padrone» rispose Michael, più che disponibile. «Ti voglio sempre dentro di me» disse Michael mentre Griffin abbassava la bocca su quella di lui.
Il bacio creò una scossa di desiderio che attraversò il corpo di Michael. Quella notte aveva bisogno di Griffin quanto Griffin aveva bisogno di lui.
«A letto» ordinò Griffin. «Ora.»
Michael si stese al centro del letto. Griffin gli afferrò le caviglie e serrò le manette intorno ad entrambe.
«Sulla pancia» disse Griffin e Michael, obbediente, si girò a faccia in giù sulle lussuose coperte. Michael volse la testa da un lato e guardò un Griffin ancora completamente vestito prendere il tubetto di lubrificante dalla loro valigia. Una volta aveva detto a Griffin quanto lo eccitasse essere completamente nudo mentre Griffin era ancora vestito. Lo faceva sentire ancora di più lo schiavo di Griffin, una sua proprietà. Da quella conversazione, Griffin aveva tenuto indosso i vestiti durante il sesso una volta a settimana. Michael amava il corpo nudo di Griffin, amava la sensazione della figura alta e muscolosa di Griffin premuta contro di lui mentre parlavano a letto, mentre si baciavano o dormivano. Ma durante il sesso, niente lo eccitava di più che sentirsi un corpo da usare per il solo piacere di Griffin.
Griffin gattonò sul letto e agganciò le caviglie di Michael a ciascuna estremità della barra distanziatrice. Poi, con gesti delicati, preparò Michael con il lubrificante. Michael adorava questa parte, la passività del gesto. Ancora e ancora Griffin si spinse dentro Michael, aprendolo lentamente, massaggiandolo. Michael mugolò sommessamente quando Griffin trovò quel piccolo nodo di carne dentro di lui, il suo punto G, e spinse su di esso.
«Ti piace, non è vero?» chiese Griffin, girando la mano e allargando le dita.
Michael gemette e annuì.
«Usa parole tue» lo schernì Griffin. «Dimmi quello che provi.»
«Adoro sentire le sue dita dentro di me, Padrone.»
«Cos’altro ti piace sentire dentro di te?»
Michael arrossì. Griffin amava umiliarlo facendogli dire cose sporche.
«Tu, Padrone. Il tuo cazzo.»
«Di' per favore
«Per favore, Padrone. Ho bisogno di sentirti dentro di me.»
«Be'» disse Griffin, e Michael lo sentì aprire di nuovo la zip dei pantaloni, «dopotutto è Natale.»
Griffin si lubrificò. Michael si irrigidì quando Griffin mise la punta dentro di lui.
«Rilassati, rilassati» disse Griffin, con voce gentile e suadente. «Lo so che stare qui ti stressa. Non pensarci.»
Michael fece un respiro profondo quando Griffin passò la mano su e giù sulla sua schiena dolorante e intorno alle braccia e alle spalle. Michael si godette il tocco delle mani di Griffin sul suo corpo, così gentili e possessive.
«Va tutto bene?» chiese Griffin, baciando Michael dietro l’orecchio.
«Molto bene, Padrone.»
Griffin fece scivolare le mani lungo le braccia di Michael, gli catturò i polsi, e li spinse forte contro il materasso, vicino alla testa di Michael. Con attenzione Griffin si spinse a lungo e lentamente dentro e fuori di Michael.
Michael continuò a respirare e provò a non pensare a nient’altro se non a Griffin sopra e dentro di lui. Sin dall’inizio Griffin aveva stabilito la regola – Griffin veniva per primo. Nel senso letterale della parola. A meno che lui stesso non gli desse un permesso esplicito, Griffin veniva sempre per primo mentre Michael doveva controllarsi e venire solo quando gli veniva concesso. Michael adorava quella regola, amava quanto lo facesse sentire ancora di più un oggetto sessuale. Durante la settimana quando erano separati, Michael doveva mandare un messaggio a Griffin e ricevere un permesso anche solo per masturbarsi.
Gli affondi di Griffin si fecero più veloci, più intensi e la presa sui polsi di Michael divenne più forte, più violenta.
«Dove?» chiese Griffin, la sua voce roca per il desiderio.
«Dentro di me, per favore.» A Michael piaceva quando Griffin gli veniva dentro. Quando Griffin veniva, l'orgasmo durava a lungo e a volte Michael poteva effettivamente sentire il seme di Griffin stillare dentro di lui.
Griffin afferrò Michael per la nuca e la pelle del collare penetrò nella sua pelle. Con poche altre spinte dei fianchi, Griffin affondò in profondità e venne con un grugnito stremato. Questo tolse a Michael ogni freno che lo tratteneva dal non venire nello stesso momento. Sentiva i fianchi tesi e pesanti. Si fermò al limite dell’orgasmo e un nonnulla avrebbe potuto fargli perdere il controllo.
«Supplica» disse Griffin, uscendo piano da Michael.
«Ti prego, Padrone» cominciò Michael e non dovette fingere il desiderio nella propria voce. «Per favore…»
Griffin slegò le caviglie di Michael dalla sbarra divaricatrice, lo girò sulla schiena e lo tirò verso il bordo del letto. Si versò il lubrificante su entrambe le mani e, coi piedi ben piantati sul pavimento, Griffin spinse le gambe di Michael verso il suo petto ed entrò in lui di nuovo con le dita. Mentre con una mano spingeva dentro Michael, con la mano libera gli avvolse il sesso e lo accarezzò.
«Dio, sei così bello, Mick» disse Griffin quando la schiena di Michael si inarcò. Michael voleva dire qualcosa, voleva dire a Griffin quanto lo amasse, quanto amasse  appartenergli, come fosse Griffin, e non lui, quello bello, ma il piacere lo travolse e gli sottrasse la sua già limitate capacità di esprimersi.
«Per favore» fu tutto quello che Michael riuscì a pronunciare.
«Vieni» ordinò Griffin, e Michael ansimò ed eiaculò nella mano umida di Griffin. Griffin spinse dentro di lui con brevi e delicate pressioni delle dita mentre Michael raggiungeva l’orgasmo.
Lentamente Michael riprese a respirare mentre Griffin strisciava su di lui e lo guardava.
«Sei bagnato» scherzò Griffin mentre abbassava la testa e baciava Michael.
«Lo so» ammise Michael. «Mi sento come se avessi appena fatto il bagno nel lubrificante e nella sborra.»
«Lo hai fatto. Adesso di corsa nella doccia. Tra poco è ora di cena.»
«Non posso rimanere nascosto qui? Ed evitare di affrontare un’altra volta uno qualsiasi dei tuoi parenti?»
Griffin scosse la testa. «Tu sei una mia proprietà e mi piace esibirti. Vai.»
Troppo ben addestrato per ribattere, Michael andò nella doccia. Fortunatamente la loro camera aveva un suo piccolo bagno così da non dover attraversare il corridoio come uno fuori di testa. Fece la doccia, si vestì e si passò le dita tra i capelli fino a che non sembrarono volutamente disordinati invece che accidentalmente disordinati.
Riemerse dal bagno dieci minuti dopo. Trovò Griffin in piedi vicino al camino.
«Sono pronto. Ma comunque non voglio andare» esordì Michael.
«Capisco. Ma ci andremo comunque. Primo, perché hai bisogno di mangiare. Secondo, perché mia mamma avrà superato la cosa e ti dirà che è dispiaciuta da un momento all’altro. Terzo, ho una cavolo di fame. Il mio cazzo ha bisogno di recuperare le forze.»
Griffin afferrò Michael per la nuca e lo spinse verso la porta.
«Spaventato?» chiese Griffin.
«Terrorizzato.»
«Andrà bene. E altrimenti, poi potremmo nasconderci a letto per tutta la settimana.»
«Potrei abituarmici.»
Nel corridoio, due ragazzine identiche in abiti natalizi coordinati li raggiunsero di corsa al grido di “Zio Griffin, Zio Griffin!”
Griffin lasciò la mano di Michael e prese entrambe le bambine tra le braccia.
«Piper? Skylar? Cosa state facendo voi due?» chiese Griffin, baciandole entrambe sulle guance.
«Stiamo facendo una gara. Ho vinto io» disse una delle bambine.
«No, non hai vinto» protestò l’altra.
«Credo di aver vinto io» esclamò Griffin.
Le bambine sembrarono notare Michael contemporaneamente. Lo fissarono con i grandi occhi blu.
«Chi sei tu?» chiese una delle bambine.
«Sono Michael. Come ti chiami?»
«Skylar. Lei è Piper.» Mise il dito nell’orecchio della sua gemella.
«Ciao, Piper.»
«Sei un maschio» constatò Skylar rivolgendosi a Michael.
«Sì, è un maschio, Piper» disse Griffin, cercando evidentemente di non sorridere.
«E tu sei un maschio» disse la bambina a Griffin.
«Sì» rispose Griffin. «Lui è Michael. Il mio ragazzo.»
Entrambe le bambine sembravano dubbiose.
«È carino» disse Skylar a Griffin.
«Non dirlo a me» rispose Griffin.
Al fondo delle scale, una bella donna dai capelli rossi tolse le bambine dalle braccia di Griffin.
«Sono felice per te, Griff» disse e baciò Griffin sulla guancia.
Strizzò l’occhio a Michael ed entrò nel salone.
«Vedi? È solo mia madre» disse Griffin. «Non ti agitare. Piaci già a tutti gli altri.»
«A tutti? Sei sicuro?»
«Beh...»
«Beh cosa?» sussurrò Michael mentre erano in piedi fuori dalla porta della sala da pranzo.
«Beh, tutti eccetto mio padre. Ma non preoccuparti. In realtà a lui non piace nessuno.»
«Nora ha detto che lei gli piace.»
«Nora ha le tette» gli ricordò Griffin.
«Quindi sono fottuto?»
«In ogni modo possibile, Mick. Ma guarda il lato positivo.»
«Qual è il lato positivo?»
«Serviranno del formaggio fantastico per cena.»
Poi Griffin lo baciò e aprì la porta.




 To Be Continued...


A venerdì per l'ultima parte di questa bellissima novella!




La serie "The Original Sinners" è così composta:
0,5 - Sette giorni in prestito
0,6 - Little Red Riding Crop
0,7 - Submit to Desire
1 - Peccato originale. L'innocenza (The Siren)
2 - Peccato Originale. Il gioco (The Angel)
3 - Peccato originale. Il padrone (The Prince)
3,1 - Daniel Part Two
3,5 - The Mistress Files
4 - Peccato Originale. Il ritorno (The Mistress)
5 - The Saint (previsto nel 2014)
6- The King


L'autrice:
BpuXTOD Tiffany Reisz.
Vive a Lexington, Kentucky. Si è laureata in Inglese e ha scritto diversi romanzi e racconti erotici. Ha cinque piercing, un tatuaggio ed è stata arrestata due volte. La Newton Compton ha già pubblicato i primi due romanzi della serie Peccato originale, L’innocenza e Il gioco.
Potete scoprire tutto di lei visitando il suo sito internet www.tiffanyreisz.com



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